In Europa, le cadute in piano comportano il maggior numero di infortuni in tutti i settori (compreso il lavoro in ufficio) e sono il principale motivo di assenza lavorativa superiore a tre giorni, specie nelle piccole e medie imprese.
Questi dati, dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), ben evidenziano l'importanza di non sottovalutare i rischi associati a scivolamento e caduta: non solo per i dipendenti ma per tutti i soggetti presenti nell'ambiente lavorativo.
Con il volume "Valutare il rischio di caduta in piano", è stato di recente inaugurato il progetto scientifico RAS (Ricercare e Applicare la Sicurezza) promosso da Inail/Direzione regionale Campania e Università degli studi di Napoli Federico II. Si tratta della prima di una serie di pubblicazioni, che riguarderanno anche rischi architettonici ed ergonomici negli ambienti di lavoro.
Vediamo, in questo articolo, alcuni punti trattati nel documento.
Rischio caduta in piano: alcuni dati
Anche in Italia le cadute in piano riflettono il trend europeo accennato all’inizio, costituendo la terza causa di infortunio di tutti i comparti produttivi (il 15% degli infortuni totali di cui sono note le cause).
Le conseguenze, in molti casi, possono essere anche gravi, basti pensare che la durata media di assenza per infortunio da caduta in piano è di 38 giorni. Solo per le cadute dall'alto e gli infortuni per impiglio/aggancio si registrano medie superiori (con, rispettivamente, 47 e 49 giorni).
Con una perdita di oltre 2 milioni di giornate lavorative, in tutti i settori, è chiaro come gli effetti non riguardino solo la salute e la sicurezza delle persone, ma anche gli aspetti economici e produttivi. I costi totali degli infortuni da cadute in piano, infatti, sono stimati in circa 370 milioni di euro l'anno, ripartiti in:
- oltre 90 milioni di costi diretti (una delle prime voci di spesa dell'Inail);
- circa 273 milioni di costi indiretti (per approssimazione, considerando il triplo di quelli diretti).
Già soltanto fissando un obiettivo non particolarmente ambizioso - come quello di ridurre i costi diretti almeno del 10% - sarebbe possibile ottenere un risparmio annuo di 9 milioni di euro.
Dunque, se da un lato è vero che nel quinquennio 2015-2019 il trend di infortuni e incidenti mortali per caduta in piano ha visto comunque un calo (da circa 280 mila infortuni a 265 mila, da circa 550 casi mortali a 460), dall'altro è importante che le aziende siano sempre più consapevoli del problema e applichino le adeguate misure di prevenzione, per limitare al minimo le situazioni di rischio.
Caduta in piano: un rischio che non riguarda solo i lavoratori
Il rischio di caduta in piano da scivolamento è previsto dal D.Lgs. 81/08 e rientra tra le tipologie di rischi che il datore di lavoro è obbligato a valutare, per identificare le adeguate misure di sicurezza.
La valutazione del rischio, nella pratica corrente, viene condotta solo negli ambienti in cui il pericolo di caduta è riconosciuto come rischio specifico (e porta in genere alla prescrizione di calzature con suola antiscivolo).
Tuttavia, scivolamento e slittamento sul pavimento sono in realtà fattori di rischio che riguardano potenzialmente tutti i luoghi di lavoro, anche a seconda delle mutevoli situazioni di usura, umidità superficiale, contaminazione ecc. (e che possono compromettere comunque anche la sicurezza dei lavoratori che indossano i DPI). Inoltre, questi rischi non riguardano solo i lavoratori di un'azienda, ma anche visitatori e persone esterne, alle quali deve essere sempre garantita l'accessibilità ai locali in sicurezza.
Il D.Lgs. 81/08, all’art. 2 lettera q, definisce la valutazione dei rischi come la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’organizzazione in cui prestano la propria attività. E i datori di lavoro sono chiamati ad assicurare le adeguate condizioni di sicurezza e protezione non solo per i propri dipendenti, ma per tutti i soggetti presenti nell’ambiente di lavoro (per qualsiasi motivo e indipendentemente dal tempo di permanenza).
L’art. 18 comma 1 lettera q, tra l’altro, attribuisce al datore di lavoro l’obbligo di prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche possano causare rischi per i dipendenti e per la salute della popolazione. Assicurandosi anche che le condizioni dei luoghi di lavoro non deteriorino l’ambiente esterno.
Come sottolineato nel documento, dunque, il problema della valutazione del rischio di caduta in piano è più esteso di quanto sembri, e dovrebbe riguardare non solo i luoghi di lavoro manifatturieri, ma anche i contesti del terziario.
Valutazione del rischio caduta in piano
Gli standard riconosciuti dagli organismi internazionali di normazione possono essere distinti in base:
- alla classificazione delle superfici;
- alla valutazione del rischio di scivolamento;
- alla definizione dei requisiti per le superfici di camminamento.
In generale, nonostante i diversi strumenti e protocolli previsti, la pavimentazione viene considerata l'elemento tecnico che incide maggiormente sul rischio di caduta per scivolamento e inciampo sulla superficie di calpestio.
Oltre al coefficiente di attrito (CoF), unico indicatore individuato dalle normative, vi sono però anche altri fattori da considerare, in quanto possono incidere in modo temporaneo o permanente sul coefficiente stesso. O comunque, anche nei casi in cui siano rispettati i valori minimi di CoF (0,40 ≤ μ ≤ 0,74) essi possono essere insufficienti a garantire la protezione dai rischi nel caso si verifichino altre condizioni.
Alcuni fattori da considerare, ad esempio, possono essere:
- fattori tecnici connessi alle caratteristiche delle pavimentazioni (es. micro o macro rugosità, resilienza, vetustà, lucentezza, integrità, complanarità, grigliati metallici, giunti, ecc.);
- fattori tecnici connessi alle caratteristiche dell'ambiente di lavoro (es. umidità ambientale, illuminamento medio, fonti di luce naturale e artificiale, rapporto luce/ombra, rumorosità ambientale, rumori improvvisi, eco);
- elementi tecnici e arredi dello spazio architettonico (es. materiale delle superfici di calpestio, zerbini, pareti verticali, corrimano, segnaletica per il wayfinding, ostacoli, dislivelli, ascensori, sostanze contaminanti, carrelli, ingombri, ecc.);
- fattori umani (utenza prevalentemente femminile, utenza anziana, utenza pubblica).
Ciascuno di questi fattori può essere legato a particolari condizioni in grado di aumentare il rischio scivolamento. Per approfondire, consulta la tabella presente a pagina 34 del documento "Valutare il rischio di caduta in piano".
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Scritto da: Simone Zanoni Consulente e formatore specializzato in sicurezza sul lavoro, ambiente e sistemi di gestione, con la passione per lo sport. |