Il lavoro notturno è una modalità presente in molte aziende, che magari operano su turni oppure che - proprio per la natura dell'impresa - si ritrovano a lavorare principalmente nelle ore notturne rispetto a quelle giornaliere.
Questa condizione, spesso sottovalutata, comporta comunque degli elementi di criticità per la salute e la sicurezza dei lavoratori, che è importante conoscere e considerare, per limitare al minimo le situazioni di rischio.
Vediamo, di seguito, quali sono i rischi legati al lavoro notturno e cosa prevedono le norme di legge in materia.
Cos’è il lavoro notturno e quali rischi può comportare
La normativa di riferimento, che regolamenta in Italia il lavoro notturno, è il D.Lgs. 66/2003 (Attuazione delle direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti alcuni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro).
In particolare, è il capo IV quello specifico sul lavoro notturno, il quale si occupa di temi quali:
- limitazioni;
- modalità di organizzazione e obblighi di comunicazione;
- durata del lavoro notturno;
- tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno;
- trasferimento al lavoro diurno.
Tale decreto, all'articolo 1, fornisce anche la definizione di lavoratore notturno. Si tratta, nel dettaglio, di qualsiasi lavoratore che:
- durante il "periodo notturno" (ovvero, periodo di almeno 7 ore consecutive incluse nell'intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino) svolge almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
- durante il periodo notturno, svolge almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. “In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”.
In generale, il lavoro notturno necessita di una valutazione dei rischi (e della sorveglianza sanitaria, come vedremo più avanti in questo articolo), in quanto può avere serie conseguenze sia a livello psicologico che fisico.
Tali conseguenze sono classificabili a breve o a lungo termine e sono causate in primis dallo “stravolgimento” rispetto ai classici ritmi giornalieri. Rientrano tra gli effetti a breve termine, ad esempio, un aumento dei livelli di stress, i disturbi del sonno o quelli digestivi, le variazioni di peso. A lungo termine, invece, il lavoro notturno può esporre i lavoratori a conseguenze più gravi, quali malattie cardiovascolari, neurologiche, ecc.
Non a caso, il lavoro notturno rientra nella lista dei lavori usuranti individuati dal Decreto Legislativo n. 67 del 21 aprile 2011.
Lavoro notturno: quando è vietato e soggetti non obbligati
Proprio per quanto appena visto in tema di rischi legati al lavoro notturno, la legge 66/2003 (articolo 11) specifica quali sono le limitazioni legate a questa modalità lavorativa.
Innanzitutto, è bene ricordare che - attraverso le competenti strutture sanitarie - può essere accertata l'inidoneità al lavoro notturno. Inoltre, sebbene i contratti collettivi stabiliscano quali sono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare il lavoro notturno, quest'ultimo è in ogni caso vietato per le donne dall'accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno d'età del bambino. In questi casi, infatti, esse non possono essere adibite al lavoro, nell'orario tra le 24 e le 6 del mattino.
Ci sono poi delle casistiche per le quali non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
- lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni (o, in alternativa, lavoratore padre convivente con la stessa);
- lavoratrice o lavoratore che sia unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
- lavoratrice o lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.
Inoltre, come indicato all'articolo 13, l'orario di lavoro notturno non può superare le 8 ore in media nelle 24 ore, "salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite".
Anche eventuali riduzioni dell'orario di lavoro, o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni, sono affidati alla contrattazione collettiva.
Lavoro notturno: valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria
Il datore di lavoro di un'impresa, che prevede attività in orario notturno, è tenuto ad effettuare una valutazione dei rischi specifica, che prenda in esame tutti i vari elementi in gioco (es. contesto, procedure, risorse operanti, mansioni da svolgere, orari, misure di prevenzione e protezione, ecc).
Egli, inoltre, deve sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria, che è sempre obbligatoria in caso di lavoro notturno. Essa deve essere svolta da un medico competente:
- in via preventiva, per accertare l'idoneità del lavoratore al lavoro notturno;
- in via periodica, almeno ogni due anni oppure con periodicità indicata dal medico competente;
- in via straordinaria, nel caso siano necessari accertamenti specifici sulle condizioni di salute del lavoratore.
Tra l'altro, come specificato all'articolo 15 del decreto 66/2003, nel caso sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneità al lavoro notturno (accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche) il lavoratore dovrà essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti (se esistenti e disponibili).
Per approfondire, a questo link puoi consultare per intero il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66.
Hai un'attività che opera in orario notturno e vuoi capire come rispettare gli obblighi di legge? Contattaci senza impegno per effettuare una valutazione dei rischi specifica oppure per organizzare la sorveglianza sanitaria obbligatoria.
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Scritto da: Mario Gelao Consulente specializzato in prevenzione e sicurezza su lavoro, amante di lettura, cinema e disegno. |