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Il rischio biologico in agricoltura

Il rischio biologico in agricoltura

Nel settore agro-zootecnico e forestale sono diversi i fattori che possono favorire lo sviluppo e la diffusione di agenti biologici: tipo di attività, processi, materie prime utilizzate, microclima, scarse condizioni igienico-ambientali, contatto diretto o indiretto con fluidi biologici animali e molto altro ancora.

Ad eccezione del comparto zootecnico, il rischio biologico in agricoltura è spesso poco considerato, mentre in realtà è importante che i lavoratori abbiano la consapevolezza e le competenze necessarie a svolgere il proprio lavoro in sicurezza.

Una recente pubblicazione dell'Inail ("Rischio biologico nelle attività agro-zootecniche") si è focalizzata proprio su questi aspetti, includendo sia una sezione generale - sulle normative in tema di salute e sicurezza - sia una tecnica, con schede informative specifiche sulle attività agricole e sui potenziali rischi biologici.

Vediamo, di seguito, alcuni punti interessanti.

Rischio biologico in agricoltura e valutazione dei rischi

Le aziende agricole con almeno un dipendente o con soci lavoratori sono tenute a redigere il documento di valutazione dei rischi (obbligo che spetta al datore di lavoro).

In base all'articolo 267 del D.Lgs. 81/08, l'agente biologico viene definito come "qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni". Alcuni esempi possono essere batteri, funghi (muffe e lieviti), virus e parassiti. Ma anche i componenti e prodotti di rilascio dei microrganismi, quali endotossine, micotossine, allergeni.

Le attività in agricoltura, e quelle che prevedono il contatto con animali e/o prodotti di origine animale, rientrano quindi a pieno titolo tra quelle con potenziale esposizione ad agenti biologici. Ecco perché, tra le informazioni da prevedere nel DVR, vanno previste anche:

  • le mansioni che comportano l'esposizione ad agenti biologici;
  • i lavoratori adibiti a tali attività;
  • le misure di prevenzione e protezione in relazione al rischio biologico;
  • il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti biologici dei gruppi 3 o 4.

Secondo l'articolo 268 del Testo Unico sulla sicurezza, infatti, gli agenti biologici vengono classificati in 4 gruppi di rischio (in ordine crescente, da basso ad elevato) in base alla loro pericolosità, che tiene conto di fattori quali infettività, patogenicità, trasmissibilità e neutralizzabilità.

Inoltre, la procedura di valutazione del rischio biologico in ambito agro-zootecnico deve comprendere anche la potenziale esposizione dei lavoratori che operano in ambiente outdoor a punture di insetti e morsi di animali.

In generale, l’elenco degli agenti biologici finora classificati è riportato nell’allegato XLVI del D.Lgs. 81/08.

Rischio biologico in agricoltura: misure di prevenzione e protezione

Poiché l'eliminazione totale del rischio biologico non è sempre possibile, è fondamentale attuare le adeguate misure di prevenzione e protezione per ridurre al minimo le possibilità di esposizione.

Andranno, inoltre, tenuti sotto controllo i rischi residui, i quali saranno poi nuovamente valutati in fase di revisione del DVR (considerando la possibilità di ridurli ulteriormente, alla luce delle nuove conoscenze acquisite nel frattempo).

Nel documento Inail vengono riportate delle procedure standardizzate (ambientali, procedurali e individuali) nell'ambito della prevenzione del rischio biologico. Ecco quali sono.

Prevenzione livello 1 (riduzione o eliminazione dell'esposizione al rischio) - dal punto di vista ambientale: meccanizzazione dei processi lavorativi; spogliatoi con armadietti pulito/sporco separati; lavabi, lavaocchi e lavastivali all’ingresso degli spogliatoi. Dal punto di vista procedurale: procedure standardizzate per lavorazioni che comportano il contatto diretto con possibili serbatoi di infezione (terra, acquitrini) e per la segnalazione di eventuali zoonosi. Dal punto di vista individuale: misure igieniche di base, quali separare abiti da lavoro da quelli personali, pulitura e disinfezione adeguata degli stessi; igiene personale; divieto di consumare alimenti, bibite e fumare in ambiente di lavoro.

Prevenzione livello 2 (protezione da rischio residuo) - dal punto di vista ambientale: disinfezione periodica e sanificazione di ambienti, superfici, materiali e attrezzature. Dal punto di vista procedurale: verifica della non trasmissione agli operatori. Dal punto di vista individuale: DPI e sorveglianza sanitaria.

Prevenzione livello 3 (controllo degli effetti già insorti sulla salute) - dal punto di vista ambientale: disinfezione e sanificazione di ambienti, superfici, materiali venuti a contatto con il microrganismo. Dal punto di vista procedurale: identificazione delle mansioni dove il rischio biologico è maggiore. Dal punto di vista individuale: terapia.

Adottare procedure standard è importante, poi, anche nell'organizzazione del lavoro. Ciò significa:

  • verificare l'integrità dei DPI prima di iniziare l'attività lavorativa;
  • indossare adeguati DPI durante la stessa;
  • lavare e conservare i DPI riutilizzabili (contaminati o sporchi) dopo l'attività.

La sorveglianza sanitaria nel settore agricolo

In base all'articolo 18 del Testo Unico, la sorveglianza sanitaria nel settore agricolo va considerata, di norma, obbligatoria.

Il datore di lavoro, dunque, è tenuto a nominare il medico competente e invitare i lavoratori a sottoporsi alle visite mediche obbligatorie, a seconda del programma previsto dal medico stesso.

Nello specifico, l'obbligo di sorveglianza sanitaria in agricoltura è previsto per:

  • lavoratori fissi a tempo indeterminato e determinato, esposti a rischi specifici normati: la periodicità è solitamente annuale, ma può variare a seconda di quanto stabilito dal medico competente (sulla base della valutazione dei rischi e delle condizioni di suscettibilità dei lavoratori);
  • lavoratori a tempo indeterminato, con attività stagionale (limite di 50 giornate l'anno nella stessa azienda), esposti a rischio non specifico: sorveglianza sanitaria "semplificata" con validità biennale, organizzata anche attraverso convenzioni tra aziende, con enti bilaterali e con le Aziende Sanitarie.

La sorveglianza sanitaria è invece ritenuta facoltativa per alcune categorie di lavoratori, come quelli autonomi, i collaboratori familiari, i coltivatori diretti e i volontari.

Per approfondire questo argomento, e consultare le schede tecniche specifiche delle diverse attività agricole (es. pieno campo, serricoltura, funghicoltura, allevamenti, ecc) consulta qui il documento Inail "Rischio biologico nelle attività agro-zootecniche".

Hai un'attività agricola e vuoi capire quali misure adottare per il rischio biologico (e non solo)? Contattaci oggi stesso per una consulenza o per effettuare una valutazione dei rischi specifica per la tua azienda.


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Scritto da: Sara Bittesnik


Consulente e formatrice specializzata in igiene alimentare, sistemi di gestione e privacy, amante di cucina ed enologia.


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