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Prevenzione incendi: i 3 decreti che sostituiranno il DM 1998

Prevenzione incendi: i 3 decreti che sostituiranno il DM 1998

Lo scorso 29 luglio, durante il CCTS per la prevenzione incendi, sono stati approvati tre schemi di decreto che sostituiranno il DM 10 marzo 1998.

Sulla base di quanto previsto all'art. 46 del D.Lgs. 81/08, infatti, i Ministri dell’interno e del lavoro sono tenuti ad adottare uno o più decreti che includono i criteri volti a individuare:

  • le misure per evitare l’insorgere di un incendio o limitarne le conseguenze;
  • le misure precauzionali di esercizio;
  • i metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
  • i criteri per la gestione delle emergenze;
  • le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.

Sempre l'articolo 46 stabilisce che, fino all'adozione dei decreti sopra citati, "continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998". Ora, però, una volta trasmessi al Ministero del Lavoro per il relativo concerto, i 3 nuovi provvedimenti manderanno definitivamente in soffitta il vecchio DM 1998.

In questo articolo, ecco un riepilogo dei punti principali dei nuovi schemi di decreto.

Strategia antincendio nei luoghi di lavoro a rischio basso

Il primo dei tre schemi di decreto qui affrontati si applica alle attività svolte nei luoghi di lavoro (come definiti dall’articolo 62 del D.Lgs. 81/08), ad esclusione dei cantieri temporanei o mobili. Esso definisce i criteri volti a "individuare le misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi".

Il cosiddetto "minicodice" stabilisce che la valutazione del rischio incendio e la definizione delle misure di prevenzione e protezione debbano costituire parte specifica del documento di valutazione dei rischi.

L'allegato I del decreto si concentra, nello specifico, sui luoghi di lavoro a basso rischio incendio, ovvero quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale e che hanno i seguenti requisiti:

  • numero di persone presenti a vario titolo all'interno dell'attività: inferiore o uguale a 100 occupanti;
  • superficie lorda complessiva: inferiore o uguale a 1000 m2;
  • piani situati a una quota compresa tra 5 m e 24 m;
  • non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative;
  • non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
  • non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.

Tale allegato indica, inoltre, la strategia antincendio, ovvero le misure da adottare nella progettazione, realizzazione ed esercizio dei luoghi di lavoro a basso rischio.

I criteri per i luoghi di lavoro che non rientrano tra le attività a basso rischio sono, invece, quelli riportati nel Decreto Ministeriale 3 agosto 2015 e successive modifiche.

L'entrata in vigore di questo decreto avverrà un anno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Schema del decreto per la Gestione della Sicurezza Antincendio

Questo decreto stabilisce i criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio e in emergenza, e si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro (come definiti dall’articolo 62 del D.Lgs. 81/08) ad esclusione di quelle in cantieri temporanei o mobili.

La bozza del decreto conta in totale 5 allegati, relativi a:

  • I) gestione della sicurezza antincendio in esercizio;
  • II) gestione della sicurezza antincendio in emergenza;
  • III) corsi di formazione e aggiornamento per addetti antincendio;
  • IV) idoneità tecnica degli addetti all’antincendio (per particolari attività);
  • V) corsi di formazione e aggiornamento per i docenti dei corsi antincendio.

Per quanto riguarda la gestione della sicurezza antincendio in esercizio e in emergenza, il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure adeguate, in funzione dei fattori di rischio presenti nella propria attività e secondo i criteri presenti agli Allegati I e II. Egli dovrà, dunque, predisporre un piano di emergenza (con indicate le misure adottate) nei seguenti casi:

  • luoghi di lavoro ove sono occupati almeno 10 lavoratori;
  • luoghi di lavoro aperti al pubblico, con presenza contemporanea di più di 50 persone (indipendentemente dal numero dei lavoratori);
  • luoghi di lavoro che rientrano nell’Allegato I al DPR 151/11 (attività che richiedono il CPI).

Per quanto riguarda formazione e aggiornamento, di seguito riportiamo alcuni dei punti principali:

  • i contenuti minimi dei corsi di formazione e aggiornamento per addetti al servizio antincendio devono essere correlati al livello di rischio dell’attività (livello 1, 2, o 3);
  • gli addetti antincendio devono frequentare specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale (i contenuti sono stabiliti nell’Allegato III);
  • i corsi già programmati con i contenuti dell’Allegato IX del D.M. 10 marzo 1998 sono validi solo se svolti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto;
  • i corsi possono essere svolti dal Corpo Nazionale dei VV.FF., da soggetti pubblici e privati (anche dal datore di lavoro o dai lavoratori) a patto che i docenti siano in possesso dei requisiti specificati all’art. 6;
  • qualora la formazione o l’ultimo aggiornamento siano stati erogati da più di 5 anni prima dell’entrata in vigore del decreto, l’obbligo di aggiornamento dev'essere adempiuto entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto.

Anche in questo caso, il decreto entrerà in vigore un anno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Sicurezza antincendio: decreto su controllo e manutenzione impianti

Il terzo decreto stabilisce, infine, i criteri generali per il controllo e la manutenzione di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio.

In questo caso gli allegati sono 2, ovvero:

  • criteri generali per manutenzione, controllo periodico e sorveglianza;
  • qualificazione dei tecnici manutentori, loro formazione teorica e pratica, valutazione dei requisiti. 

Tra gli aspetti più importanti va ricordato che l’adozione della normativa tecnica volontaria (norme ISO, UNI, IEC, EN, CEI) conferisce presunzione di conformità, ma rimane non obbligatoria.

Viene introdotta, invece, l'obbligatorietà della qualificazione dei tecnici manutentori (secondo le modalità stabilite all'Allegato II). Tale qualifica è valida su tutto il territorio nazionale. 

Questo decreto entrerà in vigore un anno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.


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Scritto da: Simone Zanoni


Consulente e formatore specializzato in sicurezza sul lavoro, ambiente e sistemi di gestione, con la passione per lo sport.





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