pulsante lavora con noi studio essepi

Consulenza e formazione. Dal 1995 un punto di riferimento per aziende e professionisti.

Magazine

Lavoratori e alimentazione consapevole: la guida Inail

Lavoratori e alimentazione consapevole: la guida Inail

Una scorretta alimentazione può rappresentare un fattore di rischio da non sottovalutare, e portare anche all'insorgenza o al peggioramento di malattie croniche non trasmissibili.

Le abitudini alimentari delle persone sono influenzate da diversi fattori, sia socio-economico-culturali che psico-fisici individuali. Ecco perché "tutelarsi mangiando" è importante non solo a casa ma anche sul luogo di lavoro, ambiente che può incidere anch'esso sulle scelte di alimentazione.

La guida Inail per un'alimentazione consapevole, dal titolo "Mi proteggo mangiando", è stata pubblicata di recente proprio con l'obiettivo di offrire ai lavoratori uno strumento utile di riflessione e autovalutazione sulle proprie abitudini alimentari. Vediamo, di seguito, maggiori dettagli.

Alimentazione e lavoro: 5 aspetti che possono incidere sul comportamento alimentare

La guida Inail per una consapevole alimentazione è nata con l'obiettivo di dare ai lavoratori un contributo alla riflessione su alcuni aspetti psicologici che incidono sull'assunzione del cibo, oltre che per fornire uno strumento di prevenzione e promozione della salute.

Nello specifico, il manuale si sofferma su 5 tematiche principali che incidono sul comportamento alimentare, con informazioni e domande pensate per avere un orientamento su come ci si pone di fronte a vari aspetti inerenti alle abitudini alimentari.

Chiaramente, questi quesiti non hanno un valore diagnostico, quindi sulle problematiche personali è sempre consigliabile il consulto con uno specialista. Tuttavia, la guida può rappresentare un "diario di bordo" a cinque tappe, per un'alimentazione consapevole. Vediamole nel dettaglio.

1) Esperienza sensoriale e scelta del cibo

Poiché il mangiare è un'esperienza sensoriale, nella scelta del pasto (o nel desiderio di mangiare certi alimenti) si attivano uno o più sensi. Quello del gusto è, ovviamente, preponderante, ma possono subentrarne anche altri, legati a fattori quali forma, colore, consistenza, ecc.

In generale, nel processo di scelta del cibo da consumare incidono:

  • impatto personale che si ha con il cibo, dovuto all'assetto biologico prederminato (papille gustative e sensoriali);
  • memoria sensoriale, che si attiva in automatico - e per pochi istanti - quando si entra in contatto con l'alimento attraverso i 5 sensi;
  • esperienze pregresse apprese a livello familiare, comportamentale e relazionale.

Nella scelta del cibo, quindi, può essere utile variare e aumentare la stimolazione sensoriale in modo consapevole. Non solo. È consigliabile mangiare senza essere occupati a fare altro nello stesso momento (es. mangiare e continuare a lavorare o mangiare velocemente).

2) Motivazione della scelta (per sé e con gli altri)

La motivazione sottostante a un certo tipo di comportamento alimentare porta alla contemporanea soddisfazione di uno o più bisogni. Questi appartengono a 5 corrispettivi livelli, ovvero:

  • bisogni di natura fisiologica;
  • bisogni di sicurezza;
  • bisogni di appartenenza;
  • bisogni di stima;
  • bisogni di autorealizzazione.

Dunque, andranno valutate non solo le motivazioni legate alla decisione di acquistare o preparare un determinato pasto, ma anche quelle che spingono a scegliere il luogo, al lavoro, in cui consumarlo.

Ad esempio, la mensa può essere vista da qualcuno anche come un luogo di incontro e socializzazione, mentre qualcun altro può associarla al fastidio a livello acustico e preferire un posto più adatto al relax e allo "staccare la spina". Motivazioni interne ed esterne, quindi, possono portare a decisioni diverse.

3) Il mangiare emotivo (emotional eating)

Si parla di emotional eating quando il mangiare è utilizzato allo scopo di riempire dei vuoti emotivi, ricercando il piacere attraverso l'alimentazione (carboidrati e dolci, ad esempio, rilasciano a livello cerebrale la serotonina, ovvero l'ormone della felicità).

In questi casi, il cibo diventa una sorta di "farmaco" per placare emozioni sgradevoli, legate per esempio a insoddisfazioni lavorative, delusioni, liti avute col partner, ecc. Tuttavia, il mangiare emotivo accade spesso senza consapevolezza e non aiuta veramente a rimuovere l'emozione negativa o la sensazione di malessere, anzi, rischia di peggiorare la situazione facendo emergere il senso di colpa.

Per aumentare le emozioni positive può essere utile fare delle esperienze soddisfacenti (es. sport, hobby, passeggiate con amici, attività che liberino la creatività) e/o programmare a lungo termine degli obiettivi realizzabili e piacevoli.

4) L'autoefficacia

L'autoefficacia ha a che fare con “la convinzione di essere in grado di organizzare e di realizzare le azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno in un particolare contesto, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati” (Bandura, 1995).

Ecco perché, se una persona ha intenzione di cambiare (e migliorare) le proprie abitudini alimentari verso un'alimentazione sana, dovrà essere convinta - ad esempio - nel comprare alimenti salutari, pesare i cibi, scegliere quelli più adeguati (anche quando è al lavoro).

Persone con un’alta autoefficacia affrontano i problemi come una sfida da accogliere piuttosto che come una minaccia da evitare. Tuttavia, l'autoefficacia di una persona può essere più o meno alta a seconda dei contesti e dei compiti su cui ci si sente capaci (es. una persona potrebbe essere brava a seguire una dieta salutare ma non riuscire a smettere di fumare).

5) L'autostima

Come da definizione di Branden (1981), l'autostima è "il risultato dell’integrazione tra il senso di autoefficacia e il rispetto di sé".

Si tratta, quindi, della fiducia in sé stessi rispetto alla capacità di riflettere, pensare, scegliere, prendere decisioni e correggere gli errori commessi. Ecco perché l'autostima influisce su atteggiamenti, aspettative e scelte.

Tra i comportamenti umani che riflettono mancanza o poca autostima, vi sono anche abitudini alimentari e stili di vita malsani o distruttivi. Dunque, avere una buona autostima aiuta a nutrire e dare valore ad ogni ambito della vita, a raggiungere obiettivi realizzabili, fare scelte basate sui veri bisogni e adottare abitudini e stili alimentari salutari.

Per approfondire, qui puoi consultare la guida Inail completa sull’alimentazione consapevole.

Vuoi tutelare la salute e la sicurezza dei tuoi dipendenti, considerando tutti gli aspetti previsti per legge (e non solo)? Contattaci senza impegno per richiedere la consulenza di un nostro professionista o per organizzare una valutazione dei rischi presso la tua azienda.


banner ebook studio essepi 


laura-tacchella-studioessepi  

Scritto da: Laura Tacchella


Consulente specializzata in igiene e sicurezza degli alimenti, amante del nuoto e appassionata di viaggi e streetart.


Chiamaci

045 8621499