Il carico di lavoro mentale, o Mental Workload, indica la quantità di lavoro mentale percepita da un operatore impegnato in uno specifico compito.
Un sistema di lavoro viene definito efficace se distribuisce gli incarichi tra i dipendenti tenendo conto dei livelli di stress a cui sono sottoposti, al fine di mantenere il massimo livello di produttività possibile.
La norma di riferimento, in questo ambito, è l’ISO 10075, che definisce i principi ergonomici legati al carico di lavoro mentale, con particolare attenzione verso gli effetti (positivi e negativi, a breve e a lungo termine) della tensione e dello stress mentale.
Vediamo maggiori dettagli, in questo articolo.
Stress mentale e strain mentale
Il sistema cognitivo umano è un elaboratore dalla capacità limitata. Lo si può definire, infatti, come “resource limited” e “data limited”: la prestazione cresce in modo lineare all’aumentare delle risorse impiegate, ma questa relazione è valida solo fino al raggiungimento di un “punto stazionario”. Oltre questo, non è più possibile un ulteriore apporto di risorse, e la quantità dei dati oggetto di elaborazione raggiunge il suo massimo.
La norma ISO 10075 opera in primis una distinzione tra due tipi di sollecitazione a cui un operatore viene esposto, lo stress mentale e lo strain mentale:
- lo stress mentale è provocato da fattori esterni, che esercitano un’influenza mentale sul soggetto;
- lo strain mentale è l’effetto che lo stress provoca sull’individuo.
Nella normativa, l’aggettivo “mentale” è ampio, e riguarda diversi aspetti interdipendenti, da non considerare singolarmente: cognitivi, comunicativi ed emozionali.
Elementi di cui tenere conto, dunque, in fase di progettazione di un sistema lavorativo.
Come si misura il carico di lavoro mentale
I fattori che influenzano il carico di lavoro mentale non si limitano alla difficoltà dell’operazione da portare a termine e alla capacità intellettiva dell’agente. Intervengono, infatti, anche componenti esterne, organizzative, ambientali e sociali.
Il carico di lavoro mentale è un indicatore posto in essere dall’intersezione di tre dimensioni strettamente legate tra loro:
- richieste imposte dal compito, come il livello di competenza necessario per svolgerlo, il tempo richiesto per portarlo a termine o la frequenza con cui viene svolto;
- livello di prestazione raggiunta, legata al numero di errori commessi e alla precisione con cui viene portato a termine il lavoro assegnato;
- percezione dell’operatore, ovvero l’aspetto più legato alla soggettività, che considera quanto ogni addetto si sente sotto sforzo, a parità di richieste somministrate.
Dopo aver compreso quali sono gli aspetti che costituiscono il carico di lavoro mentale è possibile procedere alla sua misurazione, che può essere effettuata utilizzando varie tecniche e strumenti:
- misurazioni soggettive: la stima viene fornita dall’operatore a cui è stato assegnato il compito. Per effettuare una rilevazione accurata gli viene somministrato un questionario tarato in modo da evitare risposte affette da bias cognitivi (costrutti fondati, senza giudizio critico, su percezioni deformate, su pregiudizi e ideologie che portano alla distorsione delle informazioni);
- misurazioni comportamentali: viene stimato il livello di performance, attraverso indici che tengono conto del numero di errori e dei tempi di reazione al compito considerato, o all’eventuale introduzione di un compito aggiuntivo;
- misurazioni fisiologiche: il carico di lavoro mentale può essere misurato anche con apparecchiature che analizzano fattori quali frequenza cardiaca, respiratoria e analisi dei movimenti oculari.
ISO 10075 e progettazione delle mansioni
La norma ISO 10075 non illustra soltanto le caratteristiche del carico di lavoro mentale. Infatti, mostra anche le applicazioni che possono essere adottate, a livello di progettazione organizzativa, alla luce dei dati rilevati sullo stress mentale.
I fattori da tenere in considerazione quando ci si dedica alla definizione di compiti, mansioni e responsabilità sono:
- fatica mentale: l’intensità e la durata dello strain mentale influenzano l’efficienza dell’operatore (che, se esposto ad alti livelli di fatica per lunghe sessioni, tende a ridurre la sua performance);
- monotonia: quando i compiti assegnati sono ripetitivi, il livello di attivazione mentale diminuisce. Le risorse cognitive, infatti, vengono conservate per altri compiti più complessi;
- ridotta vigilanza: spesso associata a prolungate attività di monitoraggio, si associa a un pericoloso abbassamento del livello di attenzione;
- saturazione: è lo stato di confuso nervosismo e rifiuto emotivo che si manifesta quando l’operatore è impegnato in un compito ripetitivo o in una situazione percepita come scarsamente produttiva.
Questi fattori si rivelano di fondamentale importanza al momento della progettazione di un sistema lavorativo.
Ad esempio, per ridurre la fatica mentale è importante scandire il ritmo di lavoro garantendo delle pause finalizzate al recupero delle energie e alla riduzione dei livelli di strain. Oppure, si può porre rimedio a monotonia e ridotta vigilanza diversificando le mansioni assegnate agli operatori (una soluzione potrebbe essere la job rotation, per rendere non solo più dinamico l’ambiente lavorativo, ma anche favorire la condivisione di know how tra i vari dipartimenti).
La saturazione, infine, può essere evitata concordando personalizzazioni dei compiti con i dipendenti, o ancora cercando di automatizzare i passaggi meno stimolanti per la persona.
Stress lavoro-correlato e non solo: tutela i tuoi lavoratori
La presenza di situazioni di stress sul lavoro può sfociare nella manifestazione di sintomatologie fisiche ed emotive, che incidono sulla qualità della vita e delle prestazioni lavorative.
Parliamo di stress lavoro correlato quando a causarlo è il protrarsi di fattori propri del contesto e del contenuto lavorativo: troppo intensi e sproporzionati alle capacità del lavoratore. Una problematica sempre più comune nel mondo del lavoro, che le aziende non possono certo sottovalutare: ecco perché è necessario considerare la valutazione del rischio come importante elemento di prevenzione e protezione.
Ne abbiamo parlato, in modo più approfondito, anche in questo articolo: Cos'è e come valutare il rischio stress da lavoro correlato.
In realtà, sono diversi gli elementi di pericolo che possono entrare in gioco, collegati a quanto visto finora. Prima, ad esempio, citavamo la ripetitività: una situazione che può sfociare nella monotonia, ma anche nel rischio da troppa confidenza. Sembra quasi un paradosso, eppure può ricorrere molto più spesso di quanto si pensi: più un lavoratore si sente sicuro nell'uso di determinate attrezzature, specie se impiegate quotidianamente e da molto tempo, maggiori sono le possibilità che vengano trascurate le corrette misure e precauzioni di sicurezza. Qui trovi l'articolo dedicato.
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Scritto da: Claudia Pedrotti Laureata in Tecniche della Prevenzione in Ambiente e Luoghi di Lavoro, amante del contatto con la natura e dello sport, in particolare la corsa. |