Sostanze chimiche utilizzate in molti prodotti di uso comune (soprattutto con funzione plastificante, ma non solo), gli ftalati sono spesso presenti anche negli alimenti.
Contenitori, vaschette, bottigliette, imballaggi... sono soltanto alcuni degli oggetti in plastica che possono entrare in contatto con i cibi e contaminarli per effetto della migrazione di tali sostanze.
Gli ftalati vengono impiegati in vari contesti, dai giocattoli ai cosmetici, passando per smalti, vernici, pesticidi e altro ancora. Ma sono sfruttati anche in diversi MOCA (materiali a contatto con gli alimenti). Vediamo, nello specifico, cosa sono e i livelli di assunzione giornaliera degli ftalati negli alimenti.
Ftalati: cosa sono e livelli di sicurezza per i MOCA
Come anticipato, gli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate per ammorbidire (o "plastificare") alcuni materiali impiegati in prodotti industriali e di consumo, tra cui anche i MOCA.
Con riferimento agli ftalati autorizzati per l'uso nei materiali in plastica a contatto con gli alimenti, nel 2019 l'EFSA (European Food Safety Authority) ha aggiornato i valori relativi alle dosi di assunzione giornaliera tollerabile (DGT) di gruppo. La DGT, in pratica, rappresenta una stima della quantità di una sostanza che l'uomo può ingerire ogni giorno nel corso della sua vita, senza che ciò si traduca in un rischio rilevante per la sua salute.
Nello specifico, gli ftalati autorizzati per i MOCA sono 5 in totale, ovvero:
- DBP - Di-butilftalato;
- BBP - Butil-benzil-ftalato;
- DEHP - Bis(2-etilesil)ftalato;
- DINP - Di-isononilftalato;
- DIDP - Di-isodecilftalato.
Questi 5 ftalati erano già stati valutati dall'EFSA nel 2005, ma l'Autorità ha riesaminato i livelli di sicurezza, alla luce delle nuove evidenze scientifiche. In particolare, gli esperti hanno stabilito nuovi valori in 4 casi su 5 (DBP, BBP, DEHP e DINP), portandoli a 50 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno.
I livelli di DIDP, invece, sono rimasti quelli del 2005, ovvero 150 µg/kg di peso al giorno.
Ftalati negli alimenti: in quali cibi si trovano maggiormente e soggetti più esposti
Come dichiarato dall'EFSA, le dosi di assunzione giornaliera tollerabili sono state stimate valutando gli effetti degli ftalati nella diminuzione del testosterone nei feti (per le prime 4 tipologie) e per le conseguenze sul fegato (per il DIDP). Altri studi recenti, invece, riconducono alte dosi di esteri dell’acido ftalico ad effetti avversi su fegato e reni.
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Environmental Health (Phthalates and diet: a review of the food monitoring and epidemiology data) gli alimenti che contengono elevate concentrazioni di ftalati sono soprattutto:
- latte intero;
- panna;
- carni confezionate (specie il pollame);
- margarine;
- oli da cucina.
Analizzando diversi modelli di dieta e i livelli di ftalati nei cibi (americani ed esteri) è risultato che un regime alimentare a base di frutta e verdura espone a una concentrazione molto più bassa rispetto a quelli ad alto contenuto di carne e latticini (dove si registra un aumento doppio dell'esposizione).
Ecco perché sono soprattutto bambini e adolescenti i soggetti più a rischio da questo punto di vista: sia per un discorso di tipologia di dieta che di peso corporeo minore. Anche le donne incinte, di conseguenza, devono prestare maggior attenzione.
Un altro recente studio americano (Phthalates and attributable mortality: A population-based longitudinal cohort study and cost analysis, 2021) ha invece riscontrato una maggior probabilità di mortalità prematura negli adulti (55-64 anni) in correlazione a concentrazioni di ftalati più elevate nelle loro urine.
Ftalati negli alimenti e dichiarazione MOCA
Nella valutazione del 2019 dell'EFSA vengono forniti alcuni dati confortanti relativi all'esposizione media agli ftalati negli alimenti.
In particolare, quella che riguarda i 5 ftalati sopra menzionati, è mediamente pari a:
- per il gruppo dei DBP, BBP, DEHP e DINP: 7 µg/kg di peso corporeo o comunque sette volte al di sotto del livello di sicurezza (nei "forti" consumatori è di 12 µg/kg di peso corporeo, quindi inferiore di quattro volte);
- per il DIDP: l'esposizione alimentare nei "forti" consumatori è di 1.500 volte inferiore al livello di sicurezza.
Come anticipato, tuttavia, gli ftalati possono essere presenti anche in altri contesti. Ecco perché, ad esempio, nei giocattoli e nei prodotti per l'infanzia esiste una restrizione europea che impone l'utilizzo di queste sostanze in concentrazioni non superiori allo 0,1%.
Dunque, come fare attenzione per ridurre almeno l'esposizione agli ftalati in ambito alimentare, per quanto possibile?
Il Regolamento CE 1935/2004 definisce il quadro normativo armonizzato e stabilisce i requisiti generali cui devono rispondere tutti i MOCA. Questi oggetti devono essere accompagnati da una specifica dichiarazione di conformità, per garantire la qualità dei prodotti in ogni fase, e superare rigorosi test di migrazione.
Dunque, la dichiarazione MOCA certifica l'idoneità all'uso alimentare di un prodotto.
Se vuoi saperne di più, e tutelare la salute e sicurezza dei consumatori, leggi qui l'articolo dedicato oppure contattaci oggi stesso per richiedere la consulenza di un nostro esperto.
![]() |
Scritto da: Michele Vasselai RSPP, responsabile marketing e vendite specializzato in comunicazione d'impresa e sviluppo commerciale, motociclista e appassionato di basket. |