Il diritto all'oblio permette agli individui di tutelare la propria immagine, richiedendo la cancellazione di contenuti, presenti online, che possono danneggiare fortemente la loro reputazione.
Si tratta di un problema che riguarda singole persone ma anche aziende. Con l'esplosione di internet e delle notizie che vengono pubblicate ogni giorno, appare chiaro come i motori di ricerca siano archivi enormi di informazioni di oggi ma anche del passato. E quindi, anche di news ormai obsolete, non più aggiornate o veritiere, oppure semplicemente legate a vicende non più rilevanti per il diritto di cronaca, ma che a volte causano ancora effetti negativi sui soggetti direttamente coinvolti.
Cos'è il diritto all'oblio e cosa prevede il GDPR? Vediamolo subito.
Diritto all’oblio e GDPR: cosa prevede l’articolo 17
Il diritto alla cancellazione, o diritto all'oblio, è regolato dall'articolo 17 del GDPR.
Secondo quanto previsto per legge, l'interessato ha il diritto di ottenere - da parte del titolare del trattamento - la cancellazione dei dati personali che lo riguardano, senza ingiustificato ritardo; mentre il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellare (sempre "senza ingiustificato ritardo") i dati personali.
Quanto appena detto vale qualora sussista uno dei seguenti motivi:
- i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati;
- l'interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento e non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
- l'interessato si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento;
- i dati personali sono stati trattati illecitamente;
- i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
- i dati personali sono stati raccolti relativamente all'offerta di servizi della società dell'informazione (di cui all'articolo 8, paragrafo 1).
Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dei dati personali ed è obbligato a cancellarli, è quindi tenuto ad adottare misure ragionevoli e tecniche per "informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell'interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali".
Tuttavia, il diritto all'oblio non sussiste qualora il trattamento dei dati sia necessario per casi particolari. Nello specifico:
- per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
- per adempiere a un obbligo giuridico che richieda il trattamento previsto dal diritto dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento (oppure per l'esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o nell'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento);
- per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica;
- a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici;
- per l'accertamento, l'esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.
Diritto all’oblio e deindicizzazione dai motori di ricerca
Il diritto all'oblio, in realtà, è stato introdotto nell'Unione Europea alcuni anni prima rispetto all'articolo 17 del GDPR.
Con la nota sentenza del 13 maggio 2014, conosciuta come il caso Google Spain, la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che il gestore del motore di ricerca rappresenta il titolare del trattamento dei dati personali delle pagine web pubblicate da terzi. Di conseguenza, il soggetto interessato può rivolgersi direttamente al gestore per richiedere la cancellazione dei dati personali che lo riguardano.
Si tratta, in sostanza, di una richiesta di deindicizzazione, per cancellare il contenuto dall'archivio del motore di ricerca (non dalla fonte originale) ed evitare che quella pagina venga visualizzata in SERP. Ovvero nei risultati forniti dal motore di ricerca stesso.
In seguito, con una sentenza del 24 settembre 2019 (caso C-507/17), la Corte UE ha specificato come il gestore del motore di ricerca non sia tenuto ad effettuare la deindicizzazione di quella pagina in tutte le varianti. Ad esempio, se la notizia è presente su una pagina web italiana, il diritto all'oblio si applicherà per Google Italia.
Questa sentenza, inoltre, ha ribadito il fatto che debbano essere le autorità nazionali degli Stati membri ad operare il bilanciamento tra:
- diritto dell'individuo alla tutela della vita privata e alla protezione dei dati personali;
- diritto alla libertà di informazione.
Saranno loro, in caso, a richiedere l'eventuale deindicizzazione di un contenuto da tutte le versioni del motore di ricerca.
Diritto all’oblio su Google (e non solo): le soluzioni possibili
Quando si parla di motori di ricerca, è chiaro che la maggior parte delle persone associ tale espressione a Google, senza dubbio il più utilizzato dagli utenti.
Proprio dal 2014, in seguito al caso Google Spain, l'azienda ha messo a disposizione un modulo di richiesta per la rimozione delle informazioni personali, da compilare in ogni sua parte, dove indicare l'URL da deindicizzare e le motivazioni per le quali si vuole farlo.
L'eventuale azione di cancellazione, ovviamente, varrà solo per Google. Qualora si volesse esercitare il diritto all'oblio anche per gli altri motori di ricerca, sarà necessario contattarli inviando singole segnalazioni (nelle specifiche modalità previste da ciascuno).
In caso di risposta negativa o mancante, gli step successivi possono essere:
- fare reclamo al Garante Privacy, secondo quanto previsto all'articolo 77 del GDPR;
- fare ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria.
Per approfondire, sempre in tema di Internet e dati personali, potrebbe interessarti anche il seguente articolo del nostro blog: Cookie e strumenti di tracciamento, le linee guida del Garante.
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Scritto da: Elena Bonomi Consulente laureata in Scienze dei servizi giuridici e specializzata in sicurezza sul lavoro, appassionata di sport e chitarra. |